Fece la sua scelta nel momento in cui scese dalla macchina. Chiusa la portiera, chiusa la nostra storia.
Aveva usato la parola pausa, ma era innegabile che si trattasse di una scappatoia per una decisione già presa. Forse non ne era pienamente consapevole, ma io non ero la ragazza per lui, o almeno, non quella che lui pensava di volere. Lo pensava lui, lo pensavo io. Lo conoscevo bene: talmente orgoglioso al punto da non tornare mai indietro, talmente razionale da non voler dare una possibilità a me, a quel poco, o tanto, che aveva provato nei miei confronti.
Voleva la tranquillità della sua solitudine. Una cruda verità che non accettavo pienamente, continuando a sperare che vincesse la pancia. Era l'unico modo affinché non finisse. Se a prevalere fosse stata la testa, lui non sarebbe più tornato. Solo la pancia. Solo la pancia.
Nei giorni seguenti fu chiaro: aveva usato la testa e io non potei costringerlo a volermi bene. Sarei stata l'unica a custodire con gelosia il ricordo di noi, non mi importava, perché lui fu importante, il primo in tante cose.