Da qualche giorno è uscito il nuovo libro di Wilbur Smith Il dio del deserto, e il titolo già rivela due cose fondamentali: 1) deserto, mica sarà ambientato in Egitto? 2) dio, non sarà mica un sequel, prequel de Il dio del fiume? Prima di continuare a parlare di questa nuova pubblicazione devo per forza raccontare il mio rapporto con Wilbur Smith e Il dio del fiume. Io e Wilbur ci siamo conosciuti una quindicina di anni fa: io un'adolescente fantasticante affamata di storie, un po' sfigatella, e lui un abile romanziere che con le sue parole mi ha portato in un altro tempo e spazio. Io mi trovavo in campeggio, pioveva, così con il suo libro mi rintanai in roulette sul letto a una piazza e |
mezza a leggere. Wilbur riuscì a portarmi in Egitto, o meglio, nell'antico Egitto presentandomi Taita lo schiavo eunuco, Lostris la promessa sposa del faraone e Tanus il soldato. Rimasi in loro compagnia per ore e ore e ore, senza volerli mai salutare. Wilbur con quel romanzo mi lasciò un segno che ancora oggi porto. Mi ricordo i nomi, le scene, ma soprattutto le sensazioni: il magone per l'amore impossibile tra Lostris e Tanus, il senso di colpa nei confronti di Taita perché, nonostante l'ammirazione per il suo ingegno e per la sua devozione, anche io come Lostris non avrei mai potuto amarlo, avrei scelto anche io Tanus. Insomma, lo dico chiaramente, io ho amato Il dio del fiume e quando sono stata costretta a girare l'ultima pagina dentro di me c'era solo un urlo di disperazione: E adesso?.La mia amicizia con Wilbur però non finì in quel momento. Per mia fortuna tornata a casa, accanto al posto vuoto lasciato dal romanzo appena terminato, c'era Il settimo papiro. Ero scettica. Leggendo l'aletta di copertina avevo capito che il mio amico aveva cambiato alcuni termini della nostra amicizia a partire dai personaggi, quelli che avevo tanto amato sarebbero soltanto stati dei ricordi lontani. Inizia la lettura e quella ragazzina un po' sfigatella fu catapultata in un mondo moderno fatto di avventure e di archeologia con nuovi protagonisti che era impossibile non amare: Nicholas Quenton-Harper. Mi feci trasportare dalla passione tra Nicholas e Royan, al desiderio di lei di scoprire la verità su quella scoperta, e gli intrighi di potere per accaparrarsi quel tesoro. Non mi importava più se eravamo ai giorni nostri, Wilbur mi aveva raccontato una nuova storia rimanendo fedele al ricordo di Taita. Apprezzai anche questo romanzo.
La mia amicizia con Wilbur per qualche tempo si interruppe, la colpa era principalmente mia, avevo timore che leggendo qualcos'altro di suo che non fosse legato alla storia di Taita mi sarei sentita tradita e delusa, così per non soffrire non mi affidai più a lui, fino a quando non trovai in libreria Figli del Nilo, il sequel de Il dio del fiume. Giuro che l'ho letto, ce l'ho anche nella libreria, ma non me lo ricordo. Sono dovuta andare a ripescarlo e sfogliarlo per ricordare vagamente qualcosa. Protagonista è Nefer il giovane nipote di Lostris e Taita è al suo fianco per aiutarlo a salvare l'Egitto. C'è anche una storia d'amore. Della storia epica di cui mi ero innamorata nel primo romanzo, in questo sequel non vi è traccia, al punto da non lasciare in me alcun tipo di ricordo se non quello di averlo letto. A distanza di qualche anno viene pubblicato Alle fonti del Nilo: Nefer diventato faraone ha bisogno (di nuovo) dell'aiuto di Taita oramai vecchio, se non vecchissimo. Troppo assurdo per i miei gusti. Questa volta consapevole dell'esperienza precedente ho rinunciato a priori, sembrava troppo complicato questo sequel del sequel e soprattutto dietro al tanto fumo non riuscivo a cogliere la sostanza.
E ora scopro che è stato pubblicato il quinto romanzo di quella che si può definire la saga dell'Egitto. La mia curiosità non ha resistito e sono andata a leggere che cosa si dice su IBS. Se ho capito bene, protagonista ancora una volta è Taita che darà il suo aiuto alle figlie di Lostris, insomma questo è il sequel prossimo a Il dio del fiume.
Caro Wilbur, da “amica” non posso nasconderti lo sgomento per le tue scelte: perché lo hai fatto? Perché per la terza volta mini il bel ricordo della nostra amicizia? Basta, è una supplica quella che ti sto facendo: lascia in pace il povero Taita, non vedi che lo stai sfinendo, rendendolo una macchietta? Gli hai tolto tutta la forza, la credibilità che aveva ne Il dio del fiume, e che eri stato in grado di riconfermare ne Il settimo papiro, per dargli il ruolo di super paladino dell'antico Egitto. Hai voluto mantenerlo in vita, narrativamente per due generazioni dotandolo di una longevità sovrumana, a dir poco disumana, ed editorialmente per vent'anni scrivendo sequel, sequel del sequel e sequel elevati alla terza. Mi dispiace dovertelo dire ma se con Il dio del fiume e con Il settimo papiro eri riuscito a lasciare il segno in una adolescente sfigatella, con i sequel non sei riuscito a portare dalla tua una giovane donna che forse si è accorta che l'unica cosa che ti importava era di lasciare un segno positivo sul tuo conto in banca.
La mia amicizia con Wilbur per qualche tempo si interruppe, la colpa era principalmente mia, avevo timore che leggendo qualcos'altro di suo che non fosse legato alla storia di Taita mi sarei sentita tradita e delusa, così per non soffrire non mi affidai più a lui, fino a quando non trovai in libreria Figli del Nilo, il sequel de Il dio del fiume. Giuro che l'ho letto, ce l'ho anche nella libreria, ma non me lo ricordo. Sono dovuta andare a ripescarlo e sfogliarlo per ricordare vagamente qualcosa. Protagonista è Nefer il giovane nipote di Lostris e Taita è al suo fianco per aiutarlo a salvare l'Egitto. C'è anche una storia d'amore. Della storia epica di cui mi ero innamorata nel primo romanzo, in questo sequel non vi è traccia, al punto da non lasciare in me alcun tipo di ricordo se non quello di averlo letto. A distanza di qualche anno viene pubblicato Alle fonti del Nilo: Nefer diventato faraone ha bisogno (di nuovo) dell'aiuto di Taita oramai vecchio, se non vecchissimo. Troppo assurdo per i miei gusti. Questa volta consapevole dell'esperienza precedente ho rinunciato a priori, sembrava troppo complicato questo sequel del sequel e soprattutto dietro al tanto fumo non riuscivo a cogliere la sostanza.
E ora scopro che è stato pubblicato il quinto romanzo di quella che si può definire la saga dell'Egitto. La mia curiosità non ha resistito e sono andata a leggere che cosa si dice su IBS. Se ho capito bene, protagonista ancora una volta è Taita che darà il suo aiuto alle figlie di Lostris, insomma questo è il sequel prossimo a Il dio del fiume.
Caro Wilbur, da “amica” non posso nasconderti lo sgomento per le tue scelte: perché lo hai fatto? Perché per la terza volta mini il bel ricordo della nostra amicizia? Basta, è una supplica quella che ti sto facendo: lascia in pace il povero Taita, non vedi che lo stai sfinendo, rendendolo una macchietta? Gli hai tolto tutta la forza, la credibilità che aveva ne Il dio del fiume, e che eri stato in grado di riconfermare ne Il settimo papiro, per dargli il ruolo di super paladino dell'antico Egitto. Hai voluto mantenerlo in vita, narrativamente per due generazioni dotandolo di una longevità sovrumana, a dir poco disumana, ed editorialmente per vent'anni scrivendo sequel, sequel del sequel e sequel elevati alla terza. Mi dispiace dovertelo dire ma se con Il dio del fiume e con Il settimo papiro eri riuscito a lasciare il segno in una adolescente sfigatella, con i sequel non sei riuscito a portare dalla tua una giovane donna che forse si è accorta che l'unica cosa che ti importava era di lasciare un segno positivo sul tuo conto in banca.