“Ieri era l'ebreo, oggi l'arabo, l'immigrato anche se non ha mai fatto il viaggio, anche se è nato in questa terra, nel famoso ospedale di Sarcelles, c'è qualcosa che blocca, e più i ragazzi sentono questo rifiuto più hanno voglia di dar di matto, è un circolo vizioso, gira a vuoto e si degrada sempre di più.”
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Nadia figlia di immigrati algerini cresce nella periferia francese, un ambiente segnato dal razzismo, dalla violenza, dall'abbandono e dalla perdita di identità. Da bambina ingenua Nadia diventa una donna impegnata nel sociale e nella politica seguendo le vicende di chi, come lei, è vittima del primo sguardo, di chi non si sente appartenere a una o all'altra parte.
Il romanzo, dalla trama semplice non preponderante, è una testimonianza di un tema di rilievo per la Francia: l'immigrazione.
Il fulcro del romanzo non è l'integrazione nella società francese da parte di individui dall'identità culturale precisa, piuttosto è la realtà di Nadia: figlia di algerini ma nata in Francia. Nadia è chiamata immigrata nonostante non abbia mai fatto il viaggio, è additata come straniera nonostante la sua carta d'identità dica che sia cittadina francese, è estranea nonostante viva nel Paese in cui è nata.
Nadia è il pretesto dell'autore di descrivere la seconda generazione, una generazione tra due mondi: quello francese che non sempre accetta ed etichetta come beur (neologismo derivato dall'inversione delle sillabe della parola arabe), e quello arabo che la stessa Nadia critica.
Attraverso i monologhi della protagonista e degli altri personaggi, conosciamo un mondo fatto di ingiustizie, discriminazioni, violenze, Tahar Ben Jelloun ci mostra una parte di società che non viene considerata perché non si sa come affrontarla.
La politica, le istituzioni e gli individui come si dovrebbero relazionare? E in Italia?
Consigliato a:
Chi si interessa di sociologia e avere un testimonianza sull'immigrazione.
Sconsigliato a:
Chi cerca una trama forte e d'impatto.
Note
Titolo originale: Les Raisins de la galère
Anno: 1996
Per la prima volta ho usato un ebook reader (kindle) e devo dire che mi sono trovata molto bene non solo per la maneggiabilità e le dimensioni comode da portare sempre con sé, ma anche per la lettura.
Il romanzo, dalla trama semplice non preponderante, è una testimonianza di un tema di rilievo per la Francia: l'immigrazione.
Il fulcro del romanzo non è l'integrazione nella società francese da parte di individui dall'identità culturale precisa, piuttosto è la realtà di Nadia: figlia di algerini ma nata in Francia. Nadia è chiamata immigrata nonostante non abbia mai fatto il viaggio, è additata come straniera nonostante la sua carta d'identità dica che sia cittadina francese, è estranea nonostante viva nel Paese in cui è nata.
Nadia è il pretesto dell'autore di descrivere la seconda generazione, una generazione tra due mondi: quello francese che non sempre accetta ed etichetta come beur (neologismo derivato dall'inversione delle sillabe della parola arabe), e quello arabo che la stessa Nadia critica.
Attraverso i monologhi della protagonista e degli altri personaggi, conosciamo un mondo fatto di ingiustizie, discriminazioni, violenze, Tahar Ben Jelloun ci mostra una parte di società che non viene considerata perché non si sa come affrontarla.
La politica, le istituzioni e gli individui come si dovrebbero relazionare? E in Italia?
Consigliato a:
Chi si interessa di sociologia e avere un testimonianza sull'immigrazione.
Sconsigliato a:
Chi cerca una trama forte e d'impatto.
Note
Titolo originale: Les Raisins de la galère
Anno: 1996
Per la prima volta ho usato un ebook reader (kindle) e devo dire che mi sono trovata molto bene non solo per la maneggiabilità e le dimensioni comode da portare sempre con sé, ma anche per la lettura.