Entrò nelle stanza buia, si avvicinò al letto e si sedette. Accarezzò il corpicino avvolto dalle coperte blu. “Prendi Badi,” disse Fatima, “andiamo dallo zio Serkan e staremo da lui qualche giorno.”
Il cognato viveva con la moglie e i figli a quaranta chilometri da Ankara.
Ahmet non si mosse.
“Giocherai con i tuoi cuginetti, non sei contento?”
“E papà?” Disse il bambino fissandola con quegli occhi nocciola che da sempre, con frenesia, scrutavano il mondo. Di sicuro non li aveva ereditati da lei ma dal padre, un uomo che aveva fatto della necessità di raccontare la realtà il suo lavoro. Un lavoro fatto di parole che, quel pomeriggio, lo aveva portato a incontrare una fonte non facendolo più tornare a casa. Ahmet lo aveva atteso sveglio finché aveva potuto. Nella notte si era svegliato in cameretta da dove aveva ascoltato la madre parlare con qualcuno di cui non sentiva la voce. Aveva distinto il nome Serkan e poi un susseguirsi veloce di frasi, soltanto una parola gli fu chiara: arrestato. La donna l'aveva pronunciata urlandone l'inizio e strozzandone la fine. Qualche minuto poi silenzio, solo i singhiozzi finché il bambino non aveva udito il rumore di cassetti, di ante e di porte. A quel punto la donna era entrata nella cameretta per sedersi sul suo letto.
E ora era lì, una mano ad asciugare gli occhi per poi dire: “Papà ci raggiungerà appena potrà, adesso andiamo.”
“E la valigia?” Ahmet non poteva andare, “papà non ce l'ha.”
“L'ho fatta io, prendi Badi e andiamo.”
Il cognato viveva con la moglie e i figli a quaranta chilometri da Ankara.
Ahmet non si mosse.
“Giocherai con i tuoi cuginetti, non sei contento?”
“E papà?” Disse il bambino fissandola con quegli occhi nocciola che da sempre, con frenesia, scrutavano il mondo. Di sicuro non li aveva ereditati da lei ma dal padre, un uomo che aveva fatto della necessità di raccontare la realtà il suo lavoro. Un lavoro fatto di parole che, quel pomeriggio, lo aveva portato a incontrare una fonte non facendolo più tornare a casa. Ahmet lo aveva atteso sveglio finché aveva potuto. Nella notte si era svegliato in cameretta da dove aveva ascoltato la madre parlare con qualcuno di cui non sentiva la voce. Aveva distinto il nome Serkan e poi un susseguirsi veloce di frasi, soltanto una parola gli fu chiara: arrestato. La donna l'aveva pronunciata urlandone l'inizio e strozzandone la fine. Qualche minuto poi silenzio, solo i singhiozzi finché il bambino non aveva udito il rumore di cassetti, di ante e di porte. A quel punto la donna era entrata nella cameretta per sedersi sul suo letto.
E ora era lì, una mano ad asciugare gli occhi per poi dire: “Papà ci raggiungerà appena potrà, adesso andiamo.”
“E la valigia?” Ahmet non poteva andare, “papà non ce l'ha.”
“L'ho fatta io, prendi Badi e andiamo.”