A bordo della strada, la luce interna di una Cinquecento blu si accese. Dopo aver girato il quartiere per venti minuti, Greta aveva finalmente parcheggiato. Per essere puntuale, all'uscita dall'ufficio, era andata direttamente all'appuntamento con le sue amiche. Allungando il collo, si guardò nello specchietto retrovisore. Era truccata con cura. La linea dell'eyeliner era precisa, priva della minima sbavatura. Notò un'unica piccola pecca: le ciglia. Sbuffò. Le piaceva averle folte, lunghe, definite una a una, ma il mascara che aveva usato, quello regalatole dal fidanzato Davide, le rendeva rade e corte. |
Aprì la portiera e scese dall'auto. Sollevando il cappuccio bordato di pelliccia sintetica, si avvolse nel suo piumino nuovo. Dalla tasca prese l'iPhone, aprì la chat e rilesse l'ultimo messaggio: Ti aspetto ore 20.30 in via Carlo Botta 7. C'è anche Letizia. Baci, Moni.
Ad ampi passi percorse la via scarsamente illuminata. Sul marciapiede non c'era nessuno. Camminava in silenzio, con i suoi tronchetti neri, le cui suole in gomma attutivano ogni rumore. Pensò ai suoi vecchi stivali in pelle, quelli con la suola in cuoio che a ogni passo producevano un suono sordo. Quella sera non li aveva indossati perché li aveva riposti nello scatolone da portare alla Caritas. Era stata un'idea di Davide, approfittare del trasferimento a casa sua per dar modo a Greta di scegliere e scartare ciò che non metteva più.
Arrivata al portone numero 7, scorse con attenzione i nomi del citofono fino a scovare un'etichetta bianca con scritto in pennarello Arosio. Suonò.
“Quarto piano.” Era la voce distorta di Monica, la sua vicina di banco al liceo. Non si vedevano da circa quattro anni, da quando Monica si era trasferita a Londra per un master in Events Management. Tornata a Milano da un paio di mesi, aveva comprato un appartamento. Per festeggiare il suo ritorno, e inaugurare la casa, aveva deciso di organizzare una cena con le amiche a lei più care: Greta e Letizia.
Greta entrò nell’atrio e schiacciò il pulsante dell’ascensore dando appena un’occhiata intorno. Era un palazzo signorile con vecchi pavimenti di marmo e qualche logoro tappeto rosso qua e là. Entrò in ascensore, si guardò allo specchio e iniziò a scrutarsi. Attorno agli occhi, le rughe d'espressione si erano trasformate in segni sempre più profondi. La tinta castano cioccolato copriva alcuni impertinenti capelli bianchi. Non era più la ragazza dei tempi del liceo. Chissà quanto erano cambiate le altre. Chissà com'era diventata Letizia. [...continua...]
Ad ampi passi percorse la via scarsamente illuminata. Sul marciapiede non c'era nessuno. Camminava in silenzio, con i suoi tronchetti neri, le cui suole in gomma attutivano ogni rumore. Pensò ai suoi vecchi stivali in pelle, quelli con la suola in cuoio che a ogni passo producevano un suono sordo. Quella sera non li aveva indossati perché li aveva riposti nello scatolone da portare alla Caritas. Era stata un'idea di Davide, approfittare del trasferimento a casa sua per dar modo a Greta di scegliere e scartare ciò che non metteva più.
Arrivata al portone numero 7, scorse con attenzione i nomi del citofono fino a scovare un'etichetta bianca con scritto in pennarello Arosio. Suonò.
“Quarto piano.” Era la voce distorta di Monica, la sua vicina di banco al liceo. Non si vedevano da circa quattro anni, da quando Monica si era trasferita a Londra per un master in Events Management. Tornata a Milano da un paio di mesi, aveva comprato un appartamento. Per festeggiare il suo ritorno, e inaugurare la casa, aveva deciso di organizzare una cena con le amiche a lei più care: Greta e Letizia.
Greta entrò nell’atrio e schiacciò il pulsante dell’ascensore dando appena un’occhiata intorno. Era un palazzo signorile con vecchi pavimenti di marmo e qualche logoro tappeto rosso qua e là. Entrò in ascensore, si guardò allo specchio e iniziò a scrutarsi. Attorno agli occhi, le rughe d'espressione si erano trasformate in segni sempre più profondi. La tinta castano cioccolato copriva alcuni impertinenti capelli bianchi. Non era più la ragazza dei tempi del liceo. Chissà quanto erano cambiate le altre. Chissà com'era diventata Letizia. [...continua...]
Questo è un estratto del primo racconto che ho scritto per l'antologia Lo Zero rappresenta il caos (ISBN 9786050310047) disponibile in formato digitale nei principali store Apple, Google Play e Amazon. Potrai leggere un altro estratto la prossima settimana, ma ti consiglio la lettura degli altri 6 racconti, e vedere le bellissime illustrazioni. Per saperne di più vai sulla pagina facebook della raccolta. |