A quanti di voi è capitato, in un momento difficile, di rifugiarsi nella lettura di un libro? A me tante volte. In periodi no della vita ho sempre trovato il libro giusto al momento giusto per avere il conforto che cercavo.
Ma mai, come in questi giorni, ho capito che in realtà io ho una lista di libri che posso chiudere nella cassetta del pronto soccorso booktherapy.
Nella lista dei libri che hanno fatto da cerotto a una ferita aperta, ci metto: “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli, “Siddharta” di Hermann Hesse, “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati e “Seta” di Alessandro Baricco.
Non sono una lettrice che rilegge i libri, ma è capitato ieri sera per la prima volta. Gli anni passano, i dolori si accumulano, i libri letti aumentano, l’esperienza ci fa da consigliera, il passato diventa più ingombrante, forse per una sola di queste motivazioni o forse per tutte, ho sentito che c’era un libro tra quelli del soccorso libresco che avrei dovuto rileggere per trovare un po’ di pace. Nella testa mi risuonava come un mantra È uno strano dolore. [..] Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
Così, non tanto sicura di trovarlo nella libreria di casa mia, mi sono messa a cercarlo e l’ho trovato. Ho girato la prima pagina e mi sono messa a rileggere. Qualche ora e l’ho finito.
Ammetto non mi ricordavo nulla della storia se non pochi particolari della trama, ma era vivido in me il fascino che avevo provato per quella lettura e il senso di pace finale. Mi aveva lasciato qualcosa, e mi ha lasciato qualcosa anche questa volta di diverso però. La prima volta soffrivo per un amore non corrisposto e avevo visto solo la sofferenza di Hervé Joncour di non aver potuto vivere l’attrazione per quella donna sconosciuta. Questa notte, invece, ho visto l’apprensione della moglie Hélène, una donna che per amore del marito, pur di fargli trovare pace dall’impossibilità di vivere un’emozione, si è messa da parte e ha cercato di porre fine al dolore dell’uomo.
Quella frase mi rimbomba ancora in testa, la lettura di “Seta” ha avuto un effetto anestetico, chissà se tra qualche anno troverò tra le sue righe un nuovo punto di vista in cui trovare conforto.
Sono curiosa di sapere se anche voi avete la vostra lista di booktherapy, quali libri ne fanno parte?
Ma mai, come in questi giorni, ho capito che in realtà io ho una lista di libri che posso chiudere nella cassetta del pronto soccorso booktherapy.
Nella lista dei libri che hanno fatto da cerotto a una ferita aperta, ci metto: “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli, “Siddharta” di Hermann Hesse, “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati e “Seta” di Alessandro Baricco.
Non sono una lettrice che rilegge i libri, ma è capitato ieri sera per la prima volta. Gli anni passano, i dolori si accumulano, i libri letti aumentano, l’esperienza ci fa da consigliera, il passato diventa più ingombrante, forse per una sola di queste motivazioni o forse per tutte, ho sentito che c’era un libro tra quelli del soccorso libresco che avrei dovuto rileggere per trovare un po’ di pace. Nella testa mi risuonava come un mantra È uno strano dolore. [..] Morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
Così, non tanto sicura di trovarlo nella libreria di casa mia, mi sono messa a cercarlo e l’ho trovato. Ho girato la prima pagina e mi sono messa a rileggere. Qualche ora e l’ho finito.
Ammetto non mi ricordavo nulla della storia se non pochi particolari della trama, ma era vivido in me il fascino che avevo provato per quella lettura e il senso di pace finale. Mi aveva lasciato qualcosa, e mi ha lasciato qualcosa anche questa volta di diverso però. La prima volta soffrivo per un amore non corrisposto e avevo visto solo la sofferenza di Hervé Joncour di non aver potuto vivere l’attrazione per quella donna sconosciuta. Questa notte, invece, ho visto l’apprensione della moglie Hélène, una donna che per amore del marito, pur di fargli trovare pace dall’impossibilità di vivere un’emozione, si è messa da parte e ha cercato di porre fine al dolore dell’uomo.
Quella frase mi rimbomba ancora in testa, la lettura di “Seta” ha avuto un effetto anestetico, chissà se tra qualche anno troverò tra le sue righe un nuovo punto di vista in cui trovare conforto.
Sono curiosa di sapere se anche voi avete la vostra lista di booktherapy, quali libri ne fanno parte?